Intervista del presidente di Confcommercio al Quotidiano Nazionale. “Le misure del governo vanno nella giusta direzione”. “Serve un sistema inclusivo che tenga conto del ruolo delle piccole e medie imprese”.
“Apprezziamo l’equilibrio tra l’attenzione al buon andamento dei conti pubblici e l’esigenza di contrastare l’impatto dell’inflazione sui livelli di reddito bassi e medio bassi, sia attraverso la riduzione del cuneo contributivo, sia attraverso il debutto del sistema Irpef a tre aliquote”, concede il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli nel giorno del varo del primo step della riforma fiscale targata Meloni.
La sforbiciata su tasse e cuneo può ridare slancio alla domanda interna?
“Sono misure che determinerebbero consumi aggiuntivi, secondo le nostre stime, per oltre sei miliardi di euro. Si tratta, però, di un punto d’equilibrio che va consolidato anche per dare prospettiva strutturale alle misure che ho appena ricordato. Questo significa, in altre parole, valorizzare tutte le leve disponibili per una maggiore crescita, a cominciare dalla fondamentale attuazione del Pnrr”.
Della riforma fa parte anche il cosiddetto concordato preventivo biennale, che dovrà semplificare il rapporto imprese-fisco. e recupero di evasione ed elusione fiscale
“Anche il debutto di questa misura va certamente nella direzione di rendere più collaborativo e sereno il rapporto tra fisco e contribuenti. Del resto, semplificazione degli adempimenti e promozione di compliance sono gli assi portanti individuati dalla legge delega per la riforma fiscale proprio per favorire l’adempimento spontaneo da parte dei contribuenti”.
A spingere per nuovi investimenti servirà anche il Pnrr.
“Bene il via libera della Commissione Ue alla revisione del Piano con il rafforzamento della dotazione per i crediti d’imposta del programma ‘Transizione 5.0 Green’. Occorre, però, verificare il sistema di soglie e scaglioni che dovrebbe premiare i contributi ambientali degli investimenti. Serve, infatti, un sistema inclusivo della struttura reale del sistema produttivo italiano che tenga conto del ruolo delle piccole e medie imprese e del contributo maggioritario recato dal sistema dei servizi alla formazione del valore aggiunto e dell’occupazione”.
Possiamo attenderci, a questo punto, uno scenario economico meno drammatico di quanto si poteva immaginare qualche mese fa?
«Intanto il 2023 si chiude con interessanti spunti di vitalità economica e mi riferisco in particolare alla crescita della fiducia delle famiglie, alla tenuta dell’occupazione e a un’inflazione che continua a rallentare la sua corsa. Ma soprattutto registriamo una vivacità dei consumi confermata sia durante la black week di novembre sia dagli otto milioni e mezzo di italiani che non hanno rinunciato a partire per le festività natalizie. In ogni caso, secondo le previsioni del nostro Ufficio Studi, il 2023 dovrebbe chiudersi con una crescita a +0,8% e consumi poco sopra l’1%, mentre per il 2024 il Pil dovrebbe attestarsi a +0,9% e in consumi intorno a 111 %».
Si può intravedere un 2024 di ripresa?
“L’anno che sta per iniziare si annuncia con un’economia in rallentamento e con il permanere di elementi di incertezza: non vanno, infatti, trascurati i possibili impatti negativi derivanti dal difficile quadro internazionale che potrebbe avere ripercussioni sulla domanda proveniente dall’estero e generare turbolenze sui mercati delle materie prime. È evidente, dunque, che per il 2024 le due grandi sfide sono quelle della crescita e della finanza pubblica“.
Sfide non facili, tanto più alla luce dei nuovi vincoli del Patto di Stabilità.
“Per l’equilibrio dei conti pubblici, serviranno una rigorosa revisione strutturale della spesa, un attento monitoraggio dell’obiettivo di ricavi da privatizzazioni pari all’1 per cento del Pil nel prossimo triennio e un efficace contrasto e recupero di evasione ed elusione fiscale. Obiettivo raggiungibile, quest’ultimo, facendo leva su un rapporto collaborativo tra contribuenti e amministrazione finanziaria, su un ordinamento stabile e certo e su adempimenti semplificati, sulle potenzialità delle banche dati e del fisco digitale. Ma per le imprese serve anche una nuova spinta del credito”.
In che termini?
“La stretta creditizia nei confronti delle imprese del terziario, in particolare quelle di minori dimensioni, preoccupa sempre di più. Dal 2011 ad oggi, infatti, i prestiti del sistema bancario per il segmento di imprese con meno di 20 addetti si sono ridotti nominalmente di oltre il 35%. Ecco l’esigenza cui dare risposta anche attraverso la riforma del Fondo centrale di garanzia. Serve, infatti, uno schema di garanzie che supporti imprese meritevoli, anche se valutate come più rischiose dai modelli di credito algoritmico. A nostro avviso, è questo il vero banco di prova per la riforma sperimentale del Fondo”.
tratto da il “Quotidiano Nazionale”
di Claudia Marin