COMMERCIO, BAR E TURISMO IN AFFANNO: L’ENERGIA COSTA IL DOPPIO CHE IN FRANCIA

COMMERCIO, BAR E TURISMO IN AFFANNO: L’ENERGIA COSTA IL DOPPIO CHE IN FRANCIA

Per Confcommercio cresce il divario competitivo per le imprese italiane. Sangalli: “quasi 100mila euro di spese in più per un albergo di medie dimensioni per i soli costi delle bollette”.

«Nonostante gli interventi del governo per l’energia elettrica, l’Italia continua ad avere prezzi più alti dei nostri competitor europei: rispetto la Francia è più del doppio, perché lì si è deciso di applicare un freno all’aumento delle tariffe. Lo stesso è accaduto in Spagna e in Germania». Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, lancia un grido d’allarme e chiede «più coraggio» al Governo: «le imprese italiane del terziario risultano pesantemente svantaggiate, con differenze sulla spesa annuale dell’ordine di quasi 100mila euro per un albergo di medie dimensioni, il 127% in più della Francia, situazione che si verifica anche per tutte le altre attività commerciali. Vi è da chiedersi come le nostre imprese del turismo possano competere con la Francia che rimane la prima destinazione per arrivi nel mondo. Anche rispetto a Spagna e Germania in Italia si pagano bollette più salate fra il 30 e l’80%».

Presidente come valuta le ultime misure sul fronte energetico?

Sul tema energia ci vuole più coraggio, si rafforzano i crediti d’imposta energetici e si prorogano a settembre i termini per la loro fruizione. Tuttavia, non essendo stata prorogata la scadenza per la comunicazione all’Agenzia delle entrate degli importi dei crediti maturati – rimasta al 16 marzo – di fatto si prelude alle imprese l’utilizzo dei crediti stessi. Si sterilizzano gli oneri di sistema, ma alle sole utenze con potenza disponibile fino a 16,5 kW, escludendo gran parte del sistema produttivo. Sono interventi riferiti al solo primo trimestre del 2023. Occorre poi prorogare, almeno per il 2023, la fine della maggior tutela di prezzo per le forniture di energia elettrica delle microimprese ed introdurre la possibilità di un ammortamento di lungo periodo dei costi energetici.

Come giudica il governo che ha chiamato in causa la speculazione perla fiammata dei prezzi dei carburanti, e sta valutando un taglio delle accise in presenza di nuovi rincari?

È ormai chiaro che gli incrementi medi dei prezzi dei carburanti di gennaio sono inferiori al rialzo delle accise. E questo emerge dalle stesse rilevazioni ministeriali. Dunque, non è questione di speculazione. Il problema è noto: serve un riordino della fiscalità energetica. Non serve la ricerca di capri espiatori.

Che scenario economico ci aspetta per i prossimi mesi, secondo le previsioni del vostro ufficio studi?

Il forte rallentamento dell’economia italiana ed europea e probabilmente mondiale – sarebbe conseguenza del profilo inflazionistico che, sebbene in moderato miglioramento, comporterebbe per tutta la prima parte del 2023, inevitabili impatti depressivi su redditi, potere d’acquisto e consumi. Per la seconda parte del 2024 ci aspettiamo un rientro delle tensioni inflazionistiche con un tendenziale a fine anno che tornerebbe al 2,6%. Tutto dipenderà dall’evolversi dello scenario internazionale, senza nuovi shock avversi, nel giro di un anno potremo archiviare l’attuale fase di crescita anomala dei prezzi come un brutto ricordo. Il 2023 è un anno di transizione – ci attendiamo un Pil in crescita dello 0,2% – ma dovrà essere anche l’anno in cui costruire una nuova fase di crescita duratura.

Nel complesso ritiene che gli ultimi provvedimenti e le misure della manovra siano all’altezza della situazione?

L’impianto è improntato alla cautela nel ricorso al disavanzo e concentra i margini di manovra sul versante del contrasto delle ricadute del caro energia i cui costi, solo per le imprese del terziario, sono stimabili in circa 40 miliardi di euro nel 2022, a fronte dei 13 miliardi del 2021. Occorre fare di più.

È positiva la proroga al 30 aprile del payback sui dispositivi medici?

È un provvedimento importante, ma non sufficiente ad evitare il rischio di compromettere la tenuta di un settore composto da Pmi e l’intero sistema delle forniture ospedaliere. Per il 2015-2018 l’entità del rimborso a carico delle imprese supera i 2 miliardi di euro.

La manovra è intervenuta sui taglio del cuneo: è una misura sufficiente?

No, serve una più forte riduzione del cuneo fiscale e contributivo per valorizzare strutturalmente e fiscalmente welfare aziendale e contrattuale. Auspichiamo, come prospettato dal ministro Calderone, interventi che supportino i rinnovi contrattuali.

Nel terziario sono da rinnovare i principali contratti: a che punto sono le trattative e quali misure potrebbero favorire la chiusura delle intese?

A dicembre abbiamo sottoscritto un Protocollo con i sindacati segnalando l’esigenza di sostenere la contrattazione collettiva tra le parti comparativamente più rappresentative. E di contrastare il dumping contrattuale, insieme alla necessità di contribuire alla tenuta del potere d’acquisto dei lavoratori del terziario. Abbiamo concordato un’una tantum di 350 euro ed un acconto sui futuri aumenti contrattuali di 30 euro da aprile 2023. Siamo impegnati per il rinnovo dei contratti in un tempo segnato dalla crisi pandemica prima, e ora dalla crisi energetica. Ci attendiamo dal governo scelte a sostegno della contrattazione delle parti realmente rappresentative: misure di detassazione degli aumenti contrattuali e contrasto del dumping contrattuale.